A Firenze Dani Karavan è ricordato da molti per la sua memorabile mostra del 1978 al Forte di Belvedere, allestimento esteso anche al Castello dell’imperatore a Prato. L’esposizione e la partecipazione al Padiglione d’Israele, alla Biennale di Venezia, dove immaginò “Un ambiente per la pace”, furono il preambolo per la sua fortuna internazionale.
Dopo aver seguito nella sua città natale di Tel Aviv maestri come Avigdor Stematsky, Marcel Janco e Mordechai Ardon, Karavan approdò a Firenze negli anni cinquanta, ancora studente, con l’idea di apprendere l’arte degli affreschi. Rimase invece colpito dalla dialettica tra la pittura, scultura e architettura scoperta nel lavoro di Giotto. Dopo Firenze continuò il suo perfezionamento nel disegno a Parigi. Tornato in Israele riprende il lavoro da scenografo, oggetto dei suoi studi giovanili, e prende parte alla nascita del gruppo di ballo Bat Sheva, che di lì a poco verrà riconosciuto come uno dei fulcri dell’avanguardia internazionale, arrivando a collaborare con Marta Graham.
Importanti opere vengono a lui commissionate, e fra queste nel 1968 il monumento nel deserto del Negev, dove è presente la convinzione della opportuna complicità potenziale di un'intesa tra luogo, ambiente e opera d’arte, e viceversa. Un fortuito incontro alla Biennale del ‘76, sfociato poi in una straordinaria amicizia con Giuliano Gori, già affermato collezionista, rappresenta un momento importante. Con l’acquisto della Fattoria di Celle a Santomato Gori stava maturando l’idea di voler far realizzare, nel parco storico della villa, opere d’arte ispirate e ambientate nello stesso paesaggio. Giuliano e Dani ebbero allora la stessa intuizione che poco dopo sarebbe stata conosciuta come arte ambientale, e Karavan è stato così tra i primi artisti a realizzare un’installazione a Celle. La presenza dell’artista in Toscana è segnata da altre importanti opere quali la suggestiva grande ruota a Calenzano e, nel Parco di Daniele Spoerri nel 2002, “Adamo e Eva”. Realizzata ricoprendo con oro una spaccatura del tronco di un olivo, a simboleggiare un’arte che continua a vivere in completa simbiosi con l’ambiente.
Karavan è divenuto nel mondo il più conosciuto tra gli artisti israeliani. Lavora in Giappone, Stati Uniti, Korea… e le sue opere da ricordare sono alla Documena di Kassel, l’Axe Majeur presso Parigi, il ‘Passaggio per Walter Benjamin’ sul mare in Catalogna, la Via dei diritti umani a Norimberga, e il memoriale per i Sinti e ROM a Berlino. Qui ha realizzato uno specchio d’acqua con al centro una piattaforma galleggiante, su cui ogni giorno viene posto un fiore fresco. Karavan è tornato nel Negev nel 1996 per alzare cento colonne, ciascuna con sopra scolpita in altrettante lingue la parola pace: è la sua via della pace con l'Egitto.
Karavan è stato tra i fondatori del movimento pacifista israeliano Peace now e fino ai suoi ultimi giorni ha continuato a frequentare il suo studio dimostrando la dedizione verso l’arte, sovrapposta all'impegno civile nel ripudiare le discriminazioni causa di conflitti e auspicando la via del dialogo.
Giuliano Gori aveva un sogno, avrebbe voluto proporre Karavan a nome della città di Firenze al premio Nobel per la Pace. Idea maturata a seguito di un incontro promosso dalla Associazione di amicizia Italia Israele della Toscana, svoltosi a distanza in pieno lock down realizzato per festeggiare i compleanni di Dani e Giuliano.
Uno degli ultimi gesti di Dani Karavan è stata la donazione all'Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze di un suo disegno, che documenta un villaggio arabo abbandonato a seguito della guerra e diventato un luogo e natura inanimata. A significare la presa di coscienza personale di un impegno sociale e politico da lui considerato anche culturale.
Dopo aver seguito nella sua città natale di Tel Aviv maestri come Avigdor Stematsky, Marcel Janco e Mordechai Ardon, Karavan approdò a Firenze negli anni cinquanta, ancora studente, con l’idea di apprendere l’arte degli affreschi. Rimase invece colpito dalla dialettica tra la pittura, scultura e architettura scoperta nel lavoro di Giotto. Dopo Firenze continuò il suo perfezionamento nel disegno a Parigi. Tornato in Israele riprende il lavoro da scenografo, oggetto dei suoi studi giovanili, e prende parte alla nascita del gruppo di ballo Bat Sheva, che di lì a poco verrà riconosciuto come uno dei fulcri dell’avanguardia internazionale, arrivando a collaborare con Marta Graham.
Importanti opere vengono a lui commissionate, e fra queste nel 1968 il monumento nel deserto del Negev, dove è presente la convinzione della opportuna complicità potenziale di un'intesa tra luogo, ambiente e opera d’arte, e viceversa. Un fortuito incontro alla Biennale del ‘76, sfociato poi in una straordinaria amicizia con Giuliano Gori, già affermato collezionista, rappresenta un momento importante. Con l’acquisto della Fattoria di Celle a Santomato Gori stava maturando l’idea di voler far realizzare, nel parco storico della villa, opere d’arte ispirate e ambientate nello stesso paesaggio. Giuliano e Dani ebbero allora la stessa intuizione che poco dopo sarebbe stata conosciuta come arte ambientale, e Karavan è stato così tra i primi artisti a realizzare un’installazione a Celle. La presenza dell’artista in Toscana è segnata da altre importanti opere quali la suggestiva grande ruota a Calenzano e, nel Parco di Daniele Spoerri nel 2002, “Adamo e Eva”. Realizzata ricoprendo con oro una spaccatura del tronco di un olivo, a simboleggiare un’arte che continua a vivere in completa simbiosi con l’ambiente.
Karavan è divenuto nel mondo il più conosciuto tra gli artisti israeliani. Lavora in Giappone, Stati Uniti, Korea… e le sue opere da ricordare sono alla Documena di Kassel, l’Axe Majeur presso Parigi, il ‘Passaggio per Walter Benjamin’ sul mare in Catalogna, la Via dei diritti umani a Norimberga, e il memoriale per i Sinti e ROM a Berlino. Qui ha realizzato uno specchio d’acqua con al centro una piattaforma galleggiante, su cui ogni giorno viene posto un fiore fresco. Karavan è tornato nel Negev nel 1996 per alzare cento colonne, ciascuna con sopra scolpita in altrettante lingue la parola pace: è la sua via della pace con l'Egitto.
Karavan è stato tra i fondatori del movimento pacifista israeliano Peace now e fino ai suoi ultimi giorni ha continuato a frequentare il suo studio dimostrando la dedizione verso l’arte, sovrapposta all'impegno civile nel ripudiare le discriminazioni causa di conflitti e auspicando la via del dialogo.
Giuliano Gori aveva un sogno, avrebbe voluto proporre Karavan a nome della città di Firenze al premio Nobel per la Pace. Idea maturata a seguito di un incontro promosso dalla Associazione di amicizia Italia Israele della Toscana, svoltosi a distanza in pieno lock down realizzato per festeggiare i compleanni di Dani e Giuliano.
Uno degli ultimi gesti di Dani Karavan è stata la donazione all'Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze di un suo disegno, che documenta un villaggio arabo abbandonato a seguito della guerra e diventato un luogo e natura inanimata. A significare la presa di coscienza personale di un impegno sociale e politico da lui considerato anche culturale.
David Palterer | Corriere Fiorentino | 1 giugno 2021